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lunedì 31 agosto 2015

era nel lontano ...

giugno 2007 che nasceva questo blog.
nasceva con il preciso intento di essere un archivio, un armadio in grado di contenere vari cambi di stagione. ho pensato tante volte di chiuderlo, sono tornata tante volte a rispolverarlo, ma non posso chiuderlo, fa parte di me. di quella me libera che non riesce ad essere sempre quella che si deve, ma spesso è quella che vuole.

voglio mettere oggi qui e ora,  proprio per conservarmene memoria, una cosa che ho scritto quest'estate sulla scuola.
questa scuola che grande parte ha nella mia vita e che quest'anno più di altri mi ha dato da pensare sulle cose che faccio.

E' una specie di MANIFESTO, un manifesto mio personale, un po' lunghetto, chi vuole provare a leggere è avvisato.

vi prego non state ad analizzare la scrittura, non cercate errori e svarioni grammaticali, può essere che ci siano, l'ho scritto per me, da maestra a maestra in quest'anno in cui sto sciogliendo alcuni ingarbugliati fili che intrecciano i miei pensieri. chi vuole sorriderci può farlo, chi volesse criticarlo costruttivamente è più che accetto, chi invece si scoccia e lo deride, eviti di leggerlo, dopo due o tre righe dovrebbe essere chiaro che è una cosa mia, nel qui e nell'ora di questa estate che sta sgocciolando via in rivoli di calore e afa.

mai estate fu più densa....

se ce la faccio cercherò in questo periodo di revival bloggheriano di districare i miei pensieri sempre con l'idea bislacca di un super archivio mAtilda Style. e sono anche ringiovanita, tant'è che ora sono così

(FOTO PRESA DAL WEB, NON RICORDO DOVE)
BUONA LETTURA

Sogno una scuola che abbia un Sogno
Il sapere non trasmesso non è sapere

a.s. 2014/2015




Ho scritto tutto al presente per scelta, molte delle cose che “sogno”  nella mia scuola ci sono già, altre cose sono auspicabili.
Spero di aver tessuto un pensiero che si possa condividere.



Sogno una scuola che abbia un Sogno
Il sapere non trasmesso, non è sapere

Sogno una scuola che abbia un sogno, il sogno di un mondo migliore.
Sogno una scuola che veda il futuro, che legga negli occhi dei bambini e delle bambine gli uomini e le donne del domani.
Sogno una scuola che renda bambine e bambini liberi davanti alle scelte, forti davanti alle avversità, pietosi davanti al fallimento, compassionevoli davanti al povero e al dolore, entusiasti davanti al successo, felici davanti al Creato.
Sogno una scuola che offra strumenti di sapere e conoscenza e non solo conoscenze.
Sogno un scuola in cui il sapere si costruisca e si SCAMBI.
Sogno una scuola in cui il bambino e la bambina siano felici di mettere in comune il proprio saper per aiutare il mondo ad essere migliore.
Sogno una scuola che insegni che l’errore è un passo necessario per la crescita; una scuola in cui l’errore del bambino, dell’insegnante e del genitore non diventi momento di frustrazione, ma accettazione dei limiti, perché nessuno è esente da sbagli, ma tutti devono e possono cercare un modo per rimediare.
Sogno una scuola improntata alla Libertà, alla libertà che Dio ha fatto intravedere all’uomo prima che venisse crocifisso con innumerevoli pastoie di dubbi e paroloni.
Sogno una scuola che sia accogliente, amorevole, tollerante, empatica.
Sogno una scuola che abbia sogni, passioni, desideri….

Ogni mattina, quando entro in classe, questi sono i miei pensieri, i pensieri che ho quando guardo i miei figli. Voglio che siano uomini felici, liberi, pronti ad affrontare la vita, una vita che sta perdendo sempre più umanità.
Per i miei figli e di riflesso per i bambini e le bambine che ho davanti ogni giorno spero che l’empatia verso tutto l’universo, dal più piccolo granello di sabbia alla stella più luminosa, passando per tutti gli esseri viventi, li guidi in un mondo nuovo fatto di pace.

         Credo che fondamentale sia l’ascolto, lo scendere per un momento dalla cattedra e inginocchiarsi davanti al bambino piccolo per avere gli occhi alla stessa altezza, comunicare con i gesti e con lo sguardo. Parlare con ogni bambino guardandolo in faccia, essere al loro livello come pensiero e importanza, rispetto e allo stesso tempo tenergli la mano, affinché senta che la tua mano è più grande, è calda, è confortevole. Trasmettergli il senso di sicurezza, ascoltare le sue paure e scacciarle con un battito di cuore comune, che coinvolga anche i compagni presenti.
Far loro sentire l’autorevolezza, dare il senso di essere guidati, condividere regole, rispettarsi a vicenda. I paletti non limitano, guidano, indicano il cammino.

Non fargli credere che noi grandi siamo esenti da timori, paure e incertezze, ma fargli sentire che si può essere forti davanti ad essi.
         Aiutarli a cercare soluzioni e se un problema non è risolvibile vivergli accanto, non da sconfitti ma da cercatori di altre vie, e, se proprio il problema rimanesse ancora lì, accettarlo e sopportarlo.
Esercitare insieme  a loro la pazienza, l’attesa. Godere del silenzio, della luce, del buio, dei suoni, del calore e del freddo, sentire con tutto il corpo.
Aiutarli ad amare la natura, i suoi tempi, le sue trasformazioni. Mostrargli le vie per modificare l’ambiente conservando la meraviglia che si prova davanti alla vita.
Accettare il tempo che passa come portatore di novità, di sapere maggiore, di esperienze, di ricordi nel cuore, godere dei momenti di allegria, lasciar scorrere come granelli in una clessidra quelli di dolore e paura.

Questa scuola del mio sogno ha cardini importanti, tra questi lo sviluppo di:

§  Identità
§  autonomia
§  autostima
§  aiuto reciproco
§  desiderio di sapere
§  ricerca
§  condivisione del sapere

Identità per conoscere ed  apprezzare se stessi, conoscere se stessi le proprie doti e i propri limiti per acquisire l’autonomia per potersi muovere con sicurezza e consapevolezza nell’ambiente fisico e umano. Autonomia che comincia dai gradi più semplici, allacciare scarpe e giubbotti, lavarsi le mani, aprire le merendine, avere cura e attenzione delle proprie cose, chiedere scusa e permesso per avere qualcosa…
L’autonomia porterà al primo senso di autostima, una stima di sé che permetterà di affrontare errori, di essere fieri del proprio lavoro, di desiderare di essere leader, ma non di primeggiare.
Tutto questo permetterà di condividere con gli altri le cose che si sanno fare, spostare insieme un banco, aiutare ad appuntare un colore, staccare un foglio dal quaderno. Calcolare e scrivere insieme, imparare insieme, comunicarsi impressioni e dissapori, dubbi e successi.
In un clima sereno, in cui i disappunti e le incertezze vengono espressi senza timore, il desiderio di sapere e conoscere si accenderà come un fuoco.
Strada del sapere sarà la ricerca. Lì occorre la professionalità dell’insegnante come persona che sa come fare per sapere. In grado di fornire strumenti, che darà occasioni e non soluzioni precostituite.
Che darà i concetti cardine delle discipline su cui sviluppare le conoscenze.
Fine di tutto questo è la condivisione del sapere per migliorare se stessi, gli altri e il mondo.

Per tutto questo occorre cambiare prospettiva, mettersi dalla parte dell’alunno, assegnare un compito e chiedersi, io lo farei, sarei in grado, mi piacerebbe farlo?

Devo essere competente, ogni parola, ogni gesto deve essere denso di sapere. Devo essere colta, sono un’insegnante, ho professionalità, ingegno e passione. Sono libera, sono libera in quello che faccio perché ho scelto di farlo e mi spendo per imparare cose nuove, da sola e insieme ai bambini e alle bambine per cercare strade nuove di conoscenza.

La classe diventa laboratorio di ricerca. I lavori che si deciderà di fare, anche il più semplice e il più banale, deve avere un fine, sempre.
Faccio un semplice esempio sull’analisi metrica di una filastrocca.
Le filastrocche piacciono ai bambini, soprattutto se sono accompagnate da immagini e nomi buffi.
Le filastrocche contengono ritmi, rime, situazioni per lo più divertenti.
Ne presento parecchie ai bambini prima di iniziare il lavoro, nel frattempo abbiamo imparato a contare, a leggere e a scoprire che ogni parola ha un significato e un significante che può variare a seconda del contesto.
La lettura e la scrittura di filastrocche ci permetterà di capire che per scrivere una filastrocca ho bisogno di dare alle mie idee un ritmo, un musicalità.
Questo ritmo, questa musicalità hanno a che fare con parole e numeri, la ricerca non può essere solo per trovare la rima.
Giocare quindi con la filastrocca, destrutturarla, farla a pezzi e ricomporla per cercare le sue leggi, il suo ordine, la sua matetica interna, il suo tempo, la sua logistica, il suo movimento, la sua musica, la sua arte.
E poi, ricostruirla.
Altro esempio l’osservazione della natura.
Abbiamo un albero in giardino, ma possiamo usare una pianta seminata insieme, un albero nella strada.
Ogni giorno per tanti giorni, osservarlo, conoscerlo, sentire la sua pace, la sua forza nell’essere nel mondo.
Usare tutti sensi, toccarlo, abbracciarlo, guardarlo, annusarlo, se ha frutti gustarlo, se non ha frutti assaporare l’aria intorno. E tornare, ogni giorno, ogni due giorni, osservarne il riposo invernale, stupire delle gemme, gioire dei fiori e delle foglie, amarne i frutti. Solo dopo posso parlare di viventi e non viventi, posso parlare della necessità del sole, del caldo del freddo, dell’acqua, del rispetto della forma vivente.
Solo quando il bambino e la bambina si sentiranno parte del creato, potrò far loro intuire che si deve rispettare la natura perché ne facciamo parte.
Dolorosamente, dovrò mostrargli che la pianta senz’acqua muore, e dovremo sentirci tristi perché questo essere magnifico non avrà la possibilità di fare gemme, fiori, frutti e così NON potremo dimenticarci di bere, e dovremo sentire di dover dar da bere a chi da solo non può farlo, alle piante, agli animali e agli assetati.

Ogni bambino e bambina deve avere sete di sapere e pretendere di sapere e io, insegnante, sono obbligata a dargli da bere.
E il loro sapere crescerà perché grande è il desiderio di conoscenza che vive dentro ogni uomo e ogni donna, desiderio di trovare nuovi percorsi, costruire ponti e se non si  può, strisciare fra i rovi della natura per poter avanzare, con rispetto e con gioia.

Altro elemento destabilizzante e fuori luogo è il voto: che strumento limitante e coercitivo. Riduce il bambino a un numero. 10 (dieci). Ho finito. So tutto.
Nella vita non devi essere felice perché sai tutto e ti elogiano per il tuo sapere, devi essere felice se qualcuno ti dice ah, sai, io so anche quest’altro. E così un sapere diventa doppio e poi quadruplo e ancora e ancora… il saper condiviso si MOLTIPLICA… bisogna essere affamati di conoscenze e di allegria. Quello che imparo deve servire anche ad una altro.

         Voglio scrivere con i bambini e le bambine, i libri necessari al nostro sapere dove siano raccontate le vie percorse, le cadute e i successi.

Le nuove tecnologie, la LIM, il computer… far scrivere con il computer, usare la LIM per imparare a leggere, per imparare le regole grammaticali, le tabelline….
Che noia! Se ho lo strumento tecnologico, se ho questa grande possibilità della informatizzazione NON posso usarla solo per fare ciò che posso benissimo fare con le mani, su un quaderno, sul muro o sulla sabbia.
Ho la LIM, ho il computer e ho la possibilità di andare oltre. Cercare ciò che non so, guardare le immagini di mondi lontani. A scuola ho la fortuna di aver osservato un glicine, ma so che le piante sono tante e tutte diverse e allora voglio vedere come è fatto un baobab, voglio vedere perché se la terra è piena di acqua, di mare, di fiumi, di laghi e stagni, montagne innevate, c’è chi non ha acqua da bere.
Voglio vedere dove vanno le rondini in autunno, voglio vedere l’arte, quella lontana da me, nei musei e nelle strade lontane dalle mie strade.

Sogno un ambiente di lavoro in cui CONDIVIDO IL MIO SAPERE con gli altri perché sono parte di una comunità educante. Perché ho bisogno dei miei colleghi,  per essere incoraggiata e sostenuta, ma anche ridimensionata, sopportata nelle mie manie, corretta nei miei errori. Sogno una comunità educante con cui rapportarmi in maniera serena; fuori c’è la vita, dura, faticosa, allegra o felice per ognuno di noi, ma il nostro lavoro è troppo importante per portarci le nostre “vite”, dobbiamo essere lucidi  e devo essere sicura di poter contare sui miei colleghi se ho un dubbio, uno sconforto, un problema, devo poter gioire con loro dei nostri piccoli successi.


Sogno una scuola che sia un organismo pulsante, ricco di stimoli, dove posso affidare me stessa e il mio sapere a dirigenti e superiori che mi aiutino ad accrescerlo ancora di più, che mi offrano spazi e sostegno per innovare ciò che è stantio e rafforzare ciò che è indispensabile; che si fidino di me e dei miei colleghi e mi offrano regole e paletti per guidare il mio cammino che sostengano il sogno di una scuola che abbia sogni in modo da tenere viva la fiamma del mio desiderio di trasmettere il SAPERE.


ah, non ero io più sopra... oggi sono così, 

GRAZIE PER ESSERE ARRIVATA/O IN FONDO